Cosa impariamo dai mondiali di atletica
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Si sono conclusi i campionati mondiali di atletica leggera. Nove giorni di gare con prestazioni di alto livello anche per alcuni atleti italiani. Ma cosa possiamo imparare da questa edizione dei campionati mondiali, in particolare dalle gare di resistenza?
Eccoci qua! Io sono Alberto, allenatore di corsa certificato UESCA e appassionato di sport. Di cosa mi occupo? Realizzo programmi di allenamento personalizzati per atleti di ogni livello e li aiuto a raggiungere i propri obiettivi sportivi. Se ti piacciono i video sulla corsa e sull'allenamento, visita il mio canale YouTube. Se vuoi farti seguire da me, oppure vuoi saperne di più su come posso aiutarti, visita il mio sito.
Sono terminati i campionati mondiali di atletica leggera, quest'anno svoltisi a Tokyo, in Giappone, della durata di nove giornate. Vediamo brevemente come si è comportata la squadra della nazionale italiana, ma soprattutto cosa possiamo imparare dalle gare di resistenza di questi campionati mondiali.
La squadra italiana ha concluso al decimo posto nel medagliere, vincendo ben sette medaglie: tre bronzi con Leonardo Fabri per il getto del peso, Iliass Aouani per la maratona e Nadia Battocletti nei 5.000m; tre agenti con, nuovamente, Nadia Battocletti, questa volta nei 10.000m con tanto di record italiano, Antonella Palmisano nella 35 km di marcia e Andrea Dallavalle nel salto triplo con un nuovo PB, probabilmente la medaglia che ci si aspettava di meno; una medaglia d'oro arriva dal salto in lungo maschile con Mattia Furlani che con un grande salto e PB è riuscito a raggiungere la vetta della classifica.
In questa edizione di campionati è caduto solo un record del mondo, probabilmente quello che tutti si aspettavano, ovvero il salto con l'asta maschile. Armand Duplantis (SWE )si presentava da strafavorito ed è riuscito a battere il suo record mondiale portandolo da 6,29m a 6,30m.
La prestazione che probabilmente ha sorpreso di più in questi campionati è la vittoria di Sydney Mclaughlin (USA) sui 400m piani, con il secondo tempo di sempre sulla distanza: 47,78 molto vicina al record del mondo di Marita Koch (GER) 47,60 che rimane imbattuto dal 1985.
Ora passiamo al succo dell’articolo. Cosa possiamo imparare dalle gare di questi campionati mondiali? Cosa ha accumunato tutti i vincitori delle gare di resistenza? La volata finale, ovvero la velocità con cui sono riusciti a correre l'ultima parte di gara, gli ultimi 100m, 200m o l'ultimo giro di pista. Ovviamente ogni gara si costruisce dalla partenza fino all'arrivo, però l'essere in grado di finire forte, quindi, riuscire a dare un cambio di ritmo importante sul finale di gara, ha fatto la differenza tra prendere la medaglia oppure finire fuori dal podio.
Ciò non vale solo per i vincitori: è il caso di Nadia Battocletti che torna a casa dalla spedizione dei campionati mondiali con ben due medaglie, nonostante ci fossero diverse atlete con dei PB più veloci dei suoi.
Questo discorso vale soprattutto per le gare tattiche o comunque le gare di campionato, in cui si punta ad una buona posizione in classifica, ma per le gare sul ritmo, in cui si punta ad un determinato tempo, quindi ciò che la maggior parte degli amatori fa, ovvero puntare al proprio PB, quanto può essere utile avere un buon finale di gara? In una gara in cui si punta a correre il proprio PB, l'obiettivo è mantenere un ritmo costante, sostenibile per la durata della gara. In poche parole, è un ritmo che, se mantenuto costante durante tutta la gara, ci porta allo sfinimento proprio alla fine della gara. Proprio per questo motivo è difficile fare un cambio di ritmo importante come quelli che si sono visti appunto alle gare dei campionati mondiali. Ciò non toglie che, avere una buona base di velocità, può fare la differenza tra correre il proprio PB o mancarlo di pochissimo di pochi secondi.
Facciamo un esempio: supponiamo un atleta che vuole correre 10km sotto i 40 minuti, quindi 39'59"; questo atleta arriva ai 9.900m in linea per correre i 40 minuti netti per la distanza completa, quindi 10 km. Per scendere sotto il muro dei 40 minuti è necessario aumentare il ritmo per quegli ultimi 100m. In questo caso basta poco, basta un secondo o anche meno. In altri casi, quando si arriva leggermente in ritardo, è necessario un cambio di ritmo più importante.
Ovviamente più una gara è breve e di conseguenza veloce, più sarà difficile avere un gran cambio di ritmo sul finale. Ciò non toglie che un buon finale, in qualsiasi gara, potrebbe limare quei pochi secondi, nelle gare più corte, quei pochi decimi, che potrebbero permetterci di correre il nuovo PB.
Come si allena il finale di gara? Generalmente ci sono due aspetti che possono aiutare la volata finale. Il primo aspetto è avere una buona base di forza. Senza una base di forza non si riesce ad avere quel cambio di ritmo importante alla fine della gara. Non servono allenamenti incredibili, bastano le classiche routine che trovate tranquillamente anche online, una o due volte a settimana. Per quanto riguarda la forza possono andare bene anche gli scatti in salita: in particolare per il finale di gara hanno un effetto migliore rispetto all'allenamento di forza in palestra, però può essere una buona idea alternarli all'interno della settimana. Un altro metodo per allenare i finali di gara è quello di finire gli allenamenti di ripetute o comunque gli allenamenti ad alta intensità, molto forte con dei cambi di ritmo. In questo modo abituiamo il corpo, quando è stanco, a cambiare marcia e aumentare la velocità. Ovviamente bisogna stare molto attenti perché alla fine degli allenamenti, quando si è stanchi, esagerare potrebbe voler dire infortunarsi e quindi saltare la gara o comunque mancare l'obiettivo su cui si sta lavorando.
Un allenamento molto utile per allenare i cambi di ritmo in generale, non solo sul finale di gara, è il fartlek, quindi un'alternanza di corsa a ritmo lento ed a ritmo più sostenuto. Se si vuole fare un fartlek specifico per i finali di gara, il mio consiglio è quello di fare delle fasi attive, quindi la fase veloce a velocità molto alte e di breve durata, con un recupero sufficientemente lungo, sicuramente più lungo della fase attiva, a ritmi molto molto blandi.